sabato 14 luglio 2012

bollettino # 39 bis - oggi sono in vena o mi taglio le vene?

c'è una foto sul mio "diario" di facebook.
ho dei capelli senza senso, non si capisce se li abbia tagliati da sola o ci sia passato un tagliaerbe, una pelle perfetta (ciò che ahimè non ho in questo momento storico), un'espressione allegrotta di chi si sta per prendere una bella sbornia, e un bicchiere di birra che conferma la frase precedente.
una maglietta normale, bianca, ricevuta per regalo di compleanno da una mia omonima spagnola, che non figurerei mai alla data attuale di mettere in un contesto modaiol-festereccio da apericena adolescenziale.
la maglietta intendo, non l'omonima.
adolescenziale non perchè io fossi un'adolescente, quanto perchè il 90% della gente che rantolava, ululava, pascolava nel locale aveva credo una media di 18.
quella sera in un impeto di alcool lasciai il mio numero al cassiere, poi soprannominato maccoman (non vi spiego perchè).
cassiere che incontrai il giorno dopo in aereoporto, stessa fila dello stesso check-in.
stessa io, stesso lui.
solo un morto di mezzo.

quella foto di QUELLA SERA segna una linea netta, tra ciò che era e ciò che è.

tra ciò che ero e ciò che sono.

spesse volte nelle vite delle persone ci sono avvenimenti che le cambiano temporaneamente, parzialmente o a volte totalmente.
a volte, semplicemente tante cose accadono e si raddensano, finchè portano a un cambiamento graduale e non reversibile.

ma credo che non tutti ricordino il momento stesso del cambiamento, o meno ancora abbiano quella linea tracciata così bene, e tracciata così bene sotto forma di foto, di ultimo momento ricordato con spensieratezza. almeno per un bel po'.

QUELLA FOTO è quel momento.

dopo quella foto, tutte le foto che seguono sul mio "diario" di facebook (dio quanto è brutto chiamarlo diario) sono solcate, quando in modo più evidente, quando meno, dagli avvenimenti accaduti immediatamente (anzi, contemporaneamente e poi susseguentemente) dopo a quella foto.

vorrei cancellarle tutte, sia quelle prima sia quelle dopo.
vorrei tenere solo quella foto, quella che nella mia testa è stato l'ultimo momento realmente spensierato di un periodo pressochè perfetto.
la ciliegina sulla torta.
ma la torta drammaticamente cade a terra, disfacendosi.
 e a voglia a rimettere i pezzi insieme, quella torta non sarà più come prima.

sono drastica? forse, ma è così che mi sento in quei weekend (ora estivi) di cui parlo al post precedente.

tutti i santi weekend, da quel momento, se non sovraccaricati all'estremo da impegni/persone/lettera e testamento risentono di quello stato d'animo.
in cui pensi di avere la vita in mano, e in quel caso anche il sogno, mentre loro ti stanno voltando le spalle e tu te ne accorgi con quell'attimo di ritardo che non ti consente di riacchiapparli al volo, perchè ti sgusciano via.
e rimani distante da loro, li vedi allontanarsi sempre più e non ti muovi perchè hai i piedi incollati a terra.
ti dici che tanto, beh, sarebbe successo comunque.
ma è una spiegazione che non ti basta, perchè non riesce a colmare quell'oceano di domande sulla vita e la morte e l'amore, che in un weekend iniziato con una sbornia e un numero di telefono dato su un foglietto al cassiere della discoteca, si sono mischiati tanto da confondersi ancora nella testa, perchè non sai quale abbia la responsabilità maggiore, quale sia causa, effetto, impotenza.

sai solo che non tornerà niente e nessuno che c'era ancora in quella foto, te compreso.
affronti 2 lutti insieme, di due tipi differenti, e d'altra parte ti conforti che sono due lutti affrontabili, in fondo conosci così poco entrambi che potrai sopportare la loro assenza nel futuro.

poi no, qualcosa stona e va fuori programma, continua a rompersi dentro, a dirti che non puoi farci niente, ti vengono le extrasistoli, i piedi ancora incollati a terra.
ti riveli che rimarrai così e sì, attaccati al cazzo, D. non tornerà in terra e Azzurro non tornerà sui suoi passi.

per questo ogni volta che c'è un weekend di mezzo, piango.
non conto più quanti weekend piango almeno una volta.
sono troppo fragile, me ne rendo conto, ho forse romanzato sulla orribile contingenza di due fatti assolutamente scissi tra loro, ma che purtroppo ho portato entrambi sulle spalle, spesso chiedendomi perchè si sia arrivati a quei punti, e se ci fosse stata altra via.

domande non utili, perchè la via era quella e quella solamente, e troppe volte mi sento ancora inadatta a questa condizione, perchè non riesco ad accettare questi lutti così divisi eppure così intrecciati dentro me.
hanno abbattuto una muraglia lunga un vita, mi hanno fatta tornare a 11 anni, quando la prima scossa di quel terremoto si è abbattuta sull'adolescenza acerba che non aveva difese per contrastare emotivamente una difficoltà più grande di lei.

dovrei buttare solo QUELLA FOTO, se volessi farmi del bene.
non credo ci riuscirò mai, per il semplice fatto che amo guardarla e pensare che un giorno sarò di nuovo così, felice, senza terremoti.
mai come in QUELLA FOTO.

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